Rete nella Memoria

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Nota Storica

La memoria

1 Settembre 1939, il giorno che ha cambiato irrimediabilmente il corso della storia: la Germania dichiara guerra alla Francia e all’Inghilterra, e per che cosa?, per lo stretto di Danzica, per lo sbocco sul mare. Adolf Hitler, nel suo folle progetto di conquistare il mondo intero, pensava che le potenze europee rimanessero ferme e passive mentre i battaglioni tedeschi marciavano sulle loro teste. Dopo circa un anno, il 10 giugno 1940, ecco che ad affiancare la Germania c’è anche l’Italia fascista, nella convinzione di una guerra lampo: come spesso diceva il Duce “Ho bisogno soltanto di qualche migliaio di morti per potermi sedere da ex-belligerante al tavolo delle trattative”. Dopo l’Asse Roma – Berlino, il Patto d’Acciaio e l’Asse Roma – Berlino – Tokyo, l’alleanza si era ribadita, era diventata più forte, inscindibile.

L’ascesa dei due dittatori avvenne, per uno nel 1922 attraverso la marcia su Roma, per l’altro con le elezioni del 1933. Entrambi riuscirono ad accentrare il potere nelle proprie mani: le sedute delle camere erano superflue, bastavano le riunioni con una cerchia di pochi intimi fedelissimi, nel caso del Gran Consiglio del Fascismo, con potere unicamente consultivo.

Il 3 Gennaio 1925, in seguito al delitto Matteotti, Mussolini assume la responsabilità “morale, politica e storica” del Paese: nasce la dittatura fascista. Analogamente il 27 Febbraio 1933, il Reichstag è dato alle fiamme, senza ombra di dubbio dagli stessi nazisti che addossarono la colpa ai comunisti.

Quando erroneamente si dice che l’unico errore del tiranno di Predappio sia stato allearsi con la Germania, ci si dimentica di tutti i crimini di cui si sono macchiati i fascisti, primo fra tutti lo stupro della democrazia. Hitler non era il peggiore solo perché più potente, perché senza le camicie nere mai sarebbero esistite le camicie brune. Due uomini così simili in molto non potevano non allearsi, e lo fecero per ben tre volte: nel 1936, nel 1939 e nel 1940.

Anche l’Italia nel 1938, con la promulgazione delle leggi razziali, era diventata uno Stato antisemita, pronta a seguire la Germania ad ogni costo. Se i Tedeschi ordinavano la morte di un uomo, anche se il suo nome era Galeazzo Ciano (genero di Mussolini), si era pronti ad obbedire. Se necessario si mandavano le truppe italiane male armate e malvestite a morire nelle fredde steppe della Russia, che dopo il tradimento tedesco del Patto Molotov – von Ribbentrop (cioè dopo l’invasione di Stalingrado), da alleata era diventata nemica del Terzo Reich.

I morti furono tanti, non mille, e a sedersi al tavolo dei vincitori furono Truman, Churchill e Stalin e non Mussolini che, dopo l’armistizio del 1943 e la Repubblica di Salò, nel 1945 fu ucciso ed esposto al pubblico ludibrio in Piazzale Loreto a Milano, non Hitler che, dopo l’entrata sovietica a Berlino si suicidò con la moglie Eva Braun.

Da quel momento in poi ci si impegnò ufficialmente e solennemente per far sì che tutti gli orrori degli anni precedenti non accadessero più e iniziò a rifulgere sull’Europa il sole della libertà, della fratellanza e dell’uguaglianza.    

A cura di

Marco Morano

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